Allenamento a porte chiuse per Sinner il giorno dopo il malore contro Rune. Jannik rassicura: «Mi sento meglio». Domani mattina la sfida con De Minaur per un posto in semifinale
Lo avvistano verso le quattro di pomeriggio, diretto all’allenamento. «Sto meglio». Il viso ha ripreso colore, il sorriso è tornato pieno. Il nome di Jannik Sinner non è segnato nell’agenda del torneo che registra le prenotazioni dei campi, un po’ di allarme si è diffuso (un pochettino, direbbe lui), il malore nell’ottavo con Rune ha avuto grande eco anche qui, in Australia, dove al caldo sono abituati. «Anch’io ho rischiato di morire» ha raccontato il danese alla stampa amica, ma sono i tremori del numero uno del mondo ad aver messo in agitazione i tifosi e la comunità del tennis.
La pretattica di Sinner: allenamento a porte chiuse
Poiché anche gli stambecchi delle Dolomiti sanno fare pretattica, tutto succede in fretta e con discrezione: alle 16 (lo stesso orario del riscaldamento di mercoledì, a poche ore dal quarto di finale sul centrale contro De Minaur) il gruppo Sinner s’infila in un campo secondario indoor, sotto il capannone. Allenamento a porte chiuse (non è una novità, usa anche in Davis) e senza sparring partner, per non dare alcun punto di riferimento ai rivali. La ragione per cui Jannik è stato vago sulla natura del problema («Qualcosina c’è, lo sto combattendo»), al pari di Novak Djokovic dopo la battaglia con Alcaraz. Sono le normali precauzioni dei favoriti alle prese con i guai fisici, succede in ogni sport.
Ammessi sul campo, solo i fedelissimi. I coach Vagnozzi e Cahill (alla lista dei possibili successori si aggiunge Goran Ivanisevic, che ha rotto con Rybakina), il preparatore Panichi, il fisio Badio e Alex Meliss, il nuovo social media manager, altoatesino come Jannik e Alex Vittur, che al giocatore è vicino come un fratello maggiore, spaventatissimo dallo svarione di lunedì. Il peggio sembra alle spalle, però non è il caso di rischiare: solo un palleggio leggero con i due allenatori, quaranta minuti di riattivazione tennistica per tenere viva la sensazione della palla sulla racchetta dopo la grande fatica con Rune, una partita di pura sofferenza. Volti distesi, congetture (per ora) evaporate. Il parere da Roma del medico della Federtennis, Emilio Sodano, non aiuta a fare chiarezza: «Escluderei la disidratazione, non penso nemmeno a un calo di pressione. Labirintite? No, dà vertigini pesanti. Piuttosto penso a una reazione di ansia davanti a un malore inatteso». Sarà Sinner, se lo vorrà, a fine torneo, a raccontare cosa gli è successo. L’ultimo check up completo, a giugno prima dell’Olimpiade a cui non ha partecipato, non aveva acceso campanelli d’allarme.
La priorità ora si chiama Alex De Minaur. Australiano di Sydney, 25 anni, n.8 del mondo, papà uruguaiano e mamma spagnola, cresciuto ad Alicante, fidanzato con la collega inglese Katie Boulter, perfettamente a suo agio sul veloce all’aperto. La Rod Laver arena è il suo campo. E la bella rincorsa all’Australian Open, dove ha raggiunto per la prima volta in carriera i quarti, lo galvanizza: «Ho ritrovato le gambe che avevo perso, i precedenti non contano: con Sinner ripartiremo da zero» manda a dire incurante dei nove incroci con l’azzurro dal 2019 (finale di Next Gen) a Malaga 2024 (semifinale di Coppa Davis), tutti finiti nelle tasche del barone rosso. Gran bel giocatore, Alex detto Demon, demone. Però leggero. Se Sinner ha davvero recuperato le forze, e andare in campo come match di cartello serale è una buona notizia, di muscolo e cerebro è destinato a sovrastare l’australiano. Rivederlo sereno e performante, intanto, è già un sollievo.